Le 10 regole del pessimismo cosmico

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1. Svegliati ogni giorno con la sensazione che non ci sarà un domani. 

Con questo non intendo “vivi ogni giorno come se fosse l’ultimo” facendo diosolosacosa. No. Intendo proprio: abbi la sensazione che la tua vita è vana, che anche tu morirai e che comunque sarà una schifezza.

2. Non perdere mai di vista i tuoi sogni nel cassetto.

Qualcuno diceva che i sogni nel cassetto fanno la muffa. E’ vero. Lezione sacrosanta. Sono  stati i quel cassetto per così tanto tempo che ormai sono da buttare. Guardali sempre. così saprai che se provi a mettercene altri, faranno la muffa anche loro.

3. Se sei solo pensa sempre che “meglio soli che male accompagnati”.

Questa è una sacra verità. Adesso puoi crogiolarti nella’epifania che hai appena avuto: se ora sei solo è perché quasi tutta l’umanità che hai incontrato fino ad ora ti ha deluso, o che tu hai deluso loro.

4. Se siete accoppiati e innamorati ricordate che “in amore vince chi fugge”.

Questo significa che l’amore della vostra vita passa il tempo a fuggire da voi. Se poi siete voi quelli che fuggite, spero che vi piaccia correre. Io lo odio.

5. Le cose importanti della vita sono piccole cose.

La vostra vita è quindi riempita per la maggior parte da cose di cui non vi frega niente.

6. La bellezza è negli occhi di chi guarda.

Verissimo. Quindi se vi sembra che tutto intono a voi sia uno schifo tenete bene in mente che lo schifo siete voi.

7. C’è sempre qualcuno che sta peggio di voi.

Quindi ovviamente, voi siete il peggio di qualcuno che sta meglio.

8. Bisogna vivere il presente.

Fatelo, solo se volete morire poveri.

9. La libertà finisce dove inizia quella degli altri.

Se non volete vivere soli accettate il fatto che non sarete mai liberi. In ogni caso siete fregati (vedi punto 3 e 4).

10. Il bicchiere è mezzo pieno.

Questa che ve la dico a fare?

Equilibri sbilanciati

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Ogni inizio d’anno nuovo entro in una fase di intorpidimento mentale paranoico. Fate conto di essere nello strettissimo cratere di un vulcano, ma al contrario. Con il magma che vi ribolle sotto i piedi, ma niente altro che nude rocce ignee intorno a voi. Va da sé che non potete né stare fermi dove siete, né cercare di andarvene in alcun modo.
Stati mentali senz’altro gonfiati dagli inevitabili bilanci e propositi portati da ogni sedicente “nuovo inizio”. A complicare l’allegro umore: il mio compleanno, che sta in agguato proprio alla fine di questo mese di Giano, maligna divinità che con le sue due facce, una rivolta indietro e avanti, mi squilibra.

Ho sempre avuto le idee perfettamente chiare su cosa non volevo essere. Di questo devo rendermene merito. Per il resto, anno dopo anno, mi scontro con la durissima consapevolezza di essere ad un punto morto. Sempre più morto mano a mano che invecchio. Un completo, assoluto disastro di persona.
Un cervello che non mi fa accontentare mai di niente, lasciato in balia di sé stesso senza mappa né bussola né direzione, combinato con la mia innata pigrizia, la mia indolenza e svogliatezza e il gioco è fatto. Un’ameba in paranoia tendente al lamentio infinito. Se non potete aiutarmi, lasciatemi nel mio mondo. Via tutti. Ma da quando siete andati via mi sento sola e triste. Tornate! E si ricomincia.

Quasi 32 anni e ancora non ho capito alcune lezioni fondamentali della vita.

Che non serve lamentarsi se poi non si fa niente.
Vero, ragionamento che non fa una piega. Peccato che io amo lamentarmi e amo non fare un cazzo. Come la mettiamo?

Che non si può non volere un posto fisso, e poi lamentarsi di rimanere senza lavoro.
Problema per ora inesistente in effetti, dato che i posti fissi capitano sempre agli altri. Però su questo una cosa l’ho capita: rimanere per un lungo periodo senza lavorare mi manda in crac il cervello. Questo spiegherebbe perchè sono qui ora.
D’altra parte fare lo stesso lavoro fino alla pensione sarebbe equiparabile dal mio punto di vista ad un lento suicidio. Altro problema inesistente al momento. La pensione. Una roba tipo… la guerra nucleare. Ce ne preoccuperemo quando sarà il momento.

Che bisognerebbe ogni tanto fare qualcosa che ci fa paura.
Sacrosanto. Il problema è che se una cosa ti fa paura, e la paura non è una sensazione che ti piace, perchè quella cosa la dovresti fare? Illogico.

Che non bisognerebbe perdere troppo tempo a pensare di fare una cosa, perchè la nostra testa è bravissima a trovare validi motivi per non farla, portandoci alla fine a non farne di nulla, e rimanere dove siamo.
Vero. E’ però altrettanto vero che non è sempre così. Basta pensare a cose come il suicidio, il troppo bere o la droga pesante.
Qui abbiamo bisogno di principi sempre validi, signore e signori. Dichiaro pertanto nulla la lezione di vita sopracitata.

La verità è che tutto è vero, ma anche il contrario di tutto. E’ un macello.
Così non solo sento che le mie potenziali decisioni sono affossate e bloccate in partenza dalla realtà di fuori, che non è come quella dentro, ma mi sento anche sola in questo.

Forse mi vengono questi pensieri perchè mi stanno per venire mestruazioni, non lo so. Forse perchè mi ricordano che il ciclo doloroso e fastidioso a cui mi sottopone il mio corpo ogni mese da vent’anni anche questa volta è stata tutta fatica sprecata.

Denti

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Io non sopporto la pulizia dei denti.
Non è il dentista che non sopporto, è solo la pulizia.
Al dentista ci sono abituata.
Quand’ero piccolina m’hanno messo più ferro in bocca a me dell’uomo di latta alla sua fidanzata. Apparecchi attaccati ai denti, removibili, semiremovibili, attaccati al collo, con gli elastici, senza elastici, attaccati al palato, tutti insieme, a due a due e singolarmente.
Apparecchi, marchingegni e denti che si spostano. La fabbrica dei denti perfetti.
Quando vado a fare la pulizia dei denti di solito tendo a mordere la mano del povero igienista dentale. Non mi piace. Non ci voglio andare. Voglio evitare di fare male a qualcuno che sta solo cercando di fare il suo lavoro, con me che mi dimeno come una pazza.
Quindi ieri arrivo lì, sulla sdraio del dentista, facendo la respirazione che mi hanno insegnato in quelle due tre lezioni di yoga che ho tollerato. Mi rendo zen, pronta a non sentire il dolore. E in effetti, per un po’, ho successo. Non comincio a sudare quando l’assistente ricopre tutto di pellicola trasparente. Non mi irrigidisco nemmeno quando mi mette i bavaglini di carta idrolepellente (per il sangue, penso, e per un momento ho uno spasmo nervoso). Cerco di concentrarmi su particolari rilassanti, tipo l’acqua che scorre nel lavandinetto dove dovrò sputacchiare. Penso che se fossi nell’emisfero australe girerebbe al contrario e penso se in quel momento nell’altro emisfero c’è un altro poveraccio con i sudorini freddi come quelli che (lo so) arriveranno a me, poi penso che è stupido (per via che è notte).
Poi noto un poster con tutti i denti disegnati che mi fa ridere un sacco… ci sono tutti i dentini caratterizzati con un aggettivo che contiene la parola “DENTE”. Geniale, penso.
Comincio a pensare ad altre parole ma non me ne viene in mente nessuna.
Poi, mentre rido di gusto del dentino “fonDENTE”…arriva lei.
L’igenista dentale.
Mando affanculo lo zen e vado nel panico.
Mi saluta appena, mi da uno sguardino ai denti e mi fa: “Da quanto non fai igiene?” con un tono di rimprovero che non mi piace per niente.
Cerco di allentare la tensione e le faccio: “Eeeh… la dentro ci troverà un pezzo di Muffin che ho mangiato a londra nel 2001” e rido.
Lei nulla. Accenna un sorrisino e aziona quell’aggeggio infernale.
Mi odia. Lo so. Magari non le piacciono i Muffin.
Non ti piacciono i Muffin? Ecco, sei un mostro.
Stoica, apro la bocca e mi dico “E SIA!”.
Ho passato i successivi quaranta minuti con le unghie piantate nelle cosce, sudando in posti dove non pensavo fosse possibile sudare, con uno sguardo di terrore paralizzato negli occhi, che con la bocca spalancata doveva darmi anche un aspetto niente affatto intelligente, irrigidita come una sogliola congelata, a chiedermi se sono davvero necessari tutti questi denti per vivere visto che non mangiamo strappando carne dalle carcasse già da un po’, a maledire quest’evoluzione pigra che ci ha tolto la possibilità di scodinzolare felici e poi ha glissato su questa cosa dei denti, in balia totale di questa sadica maledetta che sotto quella mascherina sono sicura se la rideva maligna.
Continuava a dirmi roba tipo “Stai ferma” “Cerca di rilassarti, perchè andrò avanti così per un bel po’” e io ogni volta che cercavo di comunicarle con gli occhi un “Vaffanculo” che non credo abbia recepito.
Mi sono messa a pensare ai dentini del poster e m’è venuto a mente che ne mancavano alcuni fondamentali: implodente, esplodente, aggrediente, inacidente, UCCIDENTE.

The times they are a changin’

4 commenti

Ci sono delle cose che non capirò mai.
Tipo per esempio perchè il sofficino passa da praticamente congelato a bruciato. O perchè Rose e Jack non potevano fare un po’ per uno su quella cavolo di porta.
Ma la cosa che capisco meno è come si faccia a vivere sapendo che sviando gli incidenti, sgattaiolando furtivi fra le malattie, sperando di non incontrare killer psicopatici o stupratori, al massimo possiamo contare di arrivare alla nostra ora, chiedendoci come siamo andati in questa vita.
Tutto il resto del tempo lo passiamo a fare del nostro meglio. Comprandoci vestiti, affittando e comprando casa, sfornando bambini, leccando il culo a chi ci fa il favore di farci lavorare, cercando di non uccidere le persone che ci fanno innervosire, tutto per arrivare lì sul baratro del nulla e pensare: mah, si forse ho fatto del mio meglio. Ho avuto limoni e ho imparato a bere limonata tutti i giorni, e ora sono qui, ok, addio e grazie di tutto il pesce. That’s all folks.
Mi sa che deve esserci di più di questo.
O forse no.
Forse la vita è: provo a fare del mio meglio sperando di avere ogni tanto un guizzo di felicità che mi fa andare avanti. Si perchè… belli miei…la serenità, che che se dica, non ci paga. E’ una roba inventata dai buddhisti per vendere magliette. La serenità dopo un po’ stucca. Ci vogliono tempeste, ondate, tutte quelle cose lì. Almeno io credo. Ecco, non ci metterei la mano sul fuoco. Ma questo è quello che ho sempre pensato. Magari mi sbagliavo.
Ora io lo so che crescendo le cose cambiano e che ti devi inventare sempre nuovi stili di vita, ma…ehi, è un lavoraccio. Non potrai più fumare 30 cicchini al giorno per il resto della tua vita, sennò finisce che ci resti secco. Non puoi fare tutti sabati le 5 di mattina mezzo sbomballato, e passare la domenica attaccato alla scatola dei malox. Non puoi stare una vita in affitto pechè sennò sarai sempre senza casa.
Ora, se io fossi Mark Renton o Tyler Durden magari andrebbe anche bene, ma io non credo di esserlo. Chi cazzo sono non lo so. Forse sono un po’ Holden. Ma non si può nemmeno passare la vita a dire bugie, annoiati di tutto e tutti, a piangere sui dischi rotti e a chiederci dove accidenti vanno le anatre d’inverno. Allora che si fa? Cioè, voglio dire, se tutte queste cose molto letterarie e mezze bohemien non vanno più bene a un certo punto che si fa?
Prendete le mie converse per esempio, perchè sono un esempio calzante. Io porto le converse ai piedi da tempo immemore, e ce le ho ancora ai piedi e non mi sono ancora stancata delle converse, e mi chiedo…quando avrò l’età della mia mamma avrò ancora le converse ai piedi? Un po’ triste pensare di averle, ma altrettanto triste non pensare di averle. Quando sono in fila alle poste io mi tengo l’mp3 nelle orecchie a tutto volume, ok? E guardo le donnine che chiacchierarano, non le sento ma so già cosa si dicono: si lamentano dell’artrosi, del paese che va male e della fila. E mi chiedo: da vecchia sarò come loro o mi terrò ancora l’mp3 nelle orecchie? Se vedessi una donnina alle poste con l’mp3 nelle orecchie e le converse ai piedi io penserei che è fuori di testa, tipo una di quelle che va a dare da mangiare ai piccioni. Io diventerò una che dà da mangiare ai piccioni? Mi stanno sulle palle i piccioni.
Si cresce le priorità cambiano. Così si dice. Ma io non ci credo. Però non credevo a tante cose, e a volte mi sono sbagliata di grosso.

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