PARTENZE

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Le partenze. Quando sei te che parti lo sopporti, il distacco dalle persone a cui vuoi bene, ma quando sono gli altri che partono diventa difficile. Un po’ perchè a una persona le vuoi bene, un po’ perchè sai che se domani c’hai una paturnia questa persona non sarà lì fisicamente per te, ci sarà comunque, certo, ma se hai bisogno di un abbraccio, non c’è… e poi perchè, cazzo, te rimani dove sei, e anche questo te le fa girare.
Io ho cominciato ad avere a che fare con le separazioni da partenze un paio d’anni fa.
La prima volta, ero io che me ne andavo, quindi come ho detto, stavo bene. Mi ricordo che tutti i miei più cari amici erano intorno a me, e io li baciai tutti, con un bacino sulla bocca. Affetto puro. Ero felice e triste allo stesso tempo. Se ci ripenso ora mi viene anche da ridere, visto che a un anno da quel giorno un paio di questi me lo misero in quel posto senza rimorsi. Falsi ipocriti. Ma questa è un’altra storia. La sera che salutai il mio migliore amico invece non gli dissi che quella era la nostra ultima sera, e che ci saremmo rivisti dopo un bel po’ di mesi. Così ce ne andammo al cinema, come sempre, come una sera normale. Poi mi ricordo che mi rimproverò di non averglielo detto “se lo sapevo non si andava mica al cinema, avremmo fatto un’altra cosa” mi disse. Ma quando io gli chiesi che cosa avremmo fatto, lui non disse niente. E io allora ebbi la conferma che andarsene era la cosa migliore da fare. E fu così, da quel punto di vista almeno.
Poi sono gli altri nella mia vita che hanno cominciato a partire.
Ci sono tre partenze in particolare che mi ricordo come fosse ieri e, se ci penso, sento la stessa muta malinconica disperazione che ho provato in quei momenti.

La prima è stata quella della mia amica Carlota.
Andai a casa sua quel pomeriggio, quella casa che sentivo anche un po’ mia visto che l’avevo trovata io. Lei stava seduta su una delle sue valigie, nel corridoio, per terra, con la sua immancabile sigaretta in mano. Piangeva. Poi mi vide e si mise a ridere, e anch’io. L’accompagnai alla fermata del bus per l’aeroporto. Un paio di settimane prima eravamo scese da quello stesso bus, su quello stesso ponte, di ritorno da Dublino. Era notte e c’erano i fuochi d’artificio sul castello. Nessuno parlava quella notte, si sapeva che di lì a poco avremmo dovuto separarci, che avremmo dovuto tornare nel grigiore delle nostre città. E su quello stesso ponte la vidi andare via. Mi guardava dal finestrino e io la salutavo. Poi l’autobus partì, girò l’angolo ed io mi sentì sola. Non ci siamo ancora riviste da quel giorno, eppure, l’ho sempre sentita molto più vicina di gente che fisicamente vicina a me c’era.

La mia seconda triste separazione è stata quella con il mio amico Nacho. Lui ci proibì di andarlo a salutare alla stazione dell’autobus. Forse perchè eravamo un po’ tutti provati da queste partenze stappalacrime. Ma noi ci andammo comunque. Lo trovammo in fila, con il biglietto in una mano e la valigia in un’altra. Quando ci vide si mise a ridere, lo sapeva che non gli avremmo dato ascolto. Lo abbracciai, gli ficcai in mano una lettera che gli avevo scritto e basta. Non avevo da aggiungere altro, avevo scritto già tutto e lui già sapeva la stima e l’affetto che provavo per lui. Mentre me ne andavo mi voltai e lo vidi piangere come un bambino. Strizzai gli occhi e me ne andai. Una volta fuori, mezz’ora dopo, mentre mi guardavo le converse che camminavano, venne tutto fuori. Quando l’ho rivisto, un anno e mezzo dopo, qualche mese fa, era come se la sera prima fossimo stati al pub insieme. Sa più cose lui di me della gente che mi circonda, forse perchè scrivere le cose anzichè dirle è più facile, o forse perchè è più difficile che una persona lontana ti possa ferire, non lo so.

La mia più dolorosa partenza in assoluto è stato il mio amico Tony.
La sua partenza si divide in due parti e mezzo.
La prima risale all’Agosto del 2006. Quella sera eravano fuori a festeggiare il compleanno di una nostra amica. Io avevo bevuto il mio equivalente in litri di Vodka e Coca, quindi già non ero messa benissimo. Quando arrivò il momento di salutarsi mi ricordo che c’era Smells like teen spirit nel locale, buffo pensai, visto che la prima volta che c’eravamo incontrati c’era un’altra canzone dei Nirvana, You know you’re right. Comunque, quello che per me in quel momento era vissuto come un addio definitivo non fu esattamente come uno di quegli addii da film, anzi, mi fece venire il giramento di palle. Un mono addio. Abbraccio, bacetto e ciao. Poi lui, arrivato infondo alla strada si voltò, io mi voltai, un attimo e poi sparì. Pensavo che non l’avrei più rivisto, e quella notte non dormi un granchè.
Invece ci siamo rivisti nel Gennaio del 2007. Sono andata a trovarlo io. E anche lì non fu proprio un incontro hollywoodiano, anzi, finì con me tre giorni dopo, da sola sul solito ponte con la mia valigia alle tre di notte, in lacrime, spersa, che aspettavo il bus.
Il secondo rincontro invece fu bello. Maggio 2007, venne lui stavolta. E contro ogni previsione, fu piacevole. Quindi l’addio fu ancora peggiore. Uno di quelli definitivi, mi sa. Quella mattina dormiva sul mio divano, lo svegliai, è tardi, dobbiamo andare. Lo accompagnai io all’eroporto. Una cosa da non fare mai. Quando scese di macchina, io feci quella fredda a e distaccata e ripartii a razzo, ma dovetti accostare. Mentre Whistles the wind dei Flogging Molly suonava nella mia macchina io cercavo di ricominciare a respirare. Ma mi ci volle un po’ per riprendermi.

Le partenze… vedere qualcuno a cui ti senti legata che se ne va, e non sai se, o quando vi rivedrete. Uno non ci fa mai l’abitudine alle partenze. Perchè nel momento che vedi un amic@ che sta andando via, ti torna alla mente tutto. E allora ci sono tante cose che vuoi dire, ti maledici di tutte le sere che magari eri stanca e non sei uscita, ti sembra di non aver mai dato o fatto o detto abbastanza.
La vita è così, si sa, gente che va, gente che viene, gente che rimane.
Gente che resta con te, anche se non c’è.

EDIMBURGO, SECONDO ME

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Gennaio 2007

Una donna lasciata da sola con il suo Moleskine rosa fucsia nella Inspiring Capital e questo è il risultato…in quattro giorni ho scritto una quantità di cose pari a quelle che ho scritto in quattro anni. E qualcosa lasciamola passare dalla carta allo schermo… 

29 gennaio: IO, E LA PACE

Eccomi lì. Io con il mio caffè-to-go da 2 pound. Mi guardo in una vetrina e mi sento a posto. Attraverso il cimitero. Gli alberi di Rowan, come quello tatuato sulla mia caviglia, sono nudi in questa stagione e un po’ vergognosi mi danno il benvenuto nel viale dei Princes Gardens. Mi siedo su una delle tante calde panchine di legno in-memoria-di. La fontana di Ross, asciutta e silenziosa, mi nasconde il sole. Guardo il castello sul suo vulcano spento. E’ lunedì mattina, non c’è nessuno. Le paure, i dubbi, le paranoie, la tristezza, in questi cinque minuti, non fanno parte di me.

29 gennaio: IO, L’IDIOTA (come cambiano le cose)

Sono le 21.30, sono in una camera d’ostello da sola, con una giapponese che parla in un brodo di giuggiole con un tipo inglese che sono sicura le sta dicendo di amarla. E io? Io sono un’idiota. Il tipo, che volenti o nolenti, è stata la forza motore di questo mio insano trip si è barricato in casa senza la minima intenzione di vedere nessuno che non sia se stesso. Mi sento un’idiota. Avete presente quei film? Che iniziano con la protagonista, una sfigata cronica, che va a fare l’improvvisata all’ignaro amato e lo trova che sguazza allegramente dentro un’altra? Ecco, siamo a questi livelli di patetismo. Oramai lo sanno tutti. Il mio zimbellaggio stasera è arrivato in tre stati: Scozia, Spagna e Italia. Se conoscete qualcuno che non sa che sono un’idiota, per favore, fateglielo presente. Che tutti ne prendano atto: sono un’idiota. E il quadretto tocca le vette del grottesco se vi figurate per bene la scena: nel mio pigiamino a righe, chinata gobba sul mio taccuino, circondata da una montagna di kleenex usati, che fra uno starnuto e l’altro cerco di buttare giù aspirine in modo da non farmi venire la febbre a 40 e poter finalmente fuggire lontano da lui e tornare alla mia noiosa città. Maledetto Colombo.

30 gennaio: LA MIA STRAMALEDETTA CARTA DI CREDITO

Questa mattina, per sfuggire alla paranoia della sera scorsa e alla botta da aspirina, seguendo il precetto “Shopping is cheaper than psycanalist” ho imbracciato Carta di credito e sono partita all’assalto della città. Ora, io lo so che non si può diffamare pubblicamente le carte di credito, quindi non lo farò…ma dovete sapere che qualche giorno all’anno, ESSA non funziona. Non va, non c’è versi. Manco a dirlo, oggi era uno di quei giorni. E mi è stato comunicato nel peggiore dei modi: mentre cercavo di pagare uno straordinario vestitino anni ’50 in saldo. Niente. L’ho dovuto lasciare lì. Sconsolata mi sono avviata ugualmente verso Princes Street, dove ci sono 4 tappe d’obbligo da rispettare:
H&M: se si entra nell’H&M tunnel è impossibile uscirne. Se non esistessero i jeans DIVIDED io andrei in giro nuda. Quando sono uscita senza buste avrei voluto uccidere qualcuno.
OFFICE: è un negozio di scarpe, una piccola Camden Town nel cuore di Edimburgo. Fatevi venire a mente un paio di scarpe…da Office le trovate. Di vernice, a pois, a righe, scozzesi, con le paiettes, col tacco, senza tacco, una col tacco e una no, scarpe con la faccia di Spongebob, scarpe con le orecchie (lo giuro!) e poi loro…le CONVERSE. Tante di quelle converse che non ci crederebbe Chuck Taylor in persona, buon anima. Quando sono uscita ero depressa.
ANN SUMMERS: questo negozio soddisfa in pieno la mia mania del momento: la biancheria intima spinta. Non del tipo sadomaso eh…non pensate male…più del tipo Kirsten Dunst in Marie Antoniette. Riuscite ad immaginare il corredo di una prostituta di un bordello parigino degli anni ’20? Ecco, moltiplicatelo per cento e avrete una vaga idea di quello che si può trovare da Ann Summers. Quando sono arrivata ai polsini di pizzo e raso sono uscita piangendo a dirotto.
Preso mentalmente nota di far mangiare all’impiagata delle ***** il mio inutile pezzo di plastica appena tornata a casa, a quel punto che fare? Ovvio. Caffè. Procurarmi la dose non è stato difficile visto che, secondo un rapido calcolo, c’è uno Starbucks ogni 7 abitanti del pianeta. Dopo di che…ultimissima tappa:
THE NATIONAL GALLERY OF SCOTLAND: ci sono solo due cose che sono tornata a vedere in realtà, anche perché per il resto il museo è una specie di magazzino di quello che non c’è stato modo di far entrare in quello di Trafalgar Square. Sto parlando di:
LE TRE ETA’ DELL’UOMO…capolavoro ingiustamente non considerato di Tiziano. Se vi capita di vederlo, evitando di far caso ai tre bambini che si…sembrano degli sharpei…concentrate l’attenzione sul modo in cui il seminudo bel ragazzo guarda la sua pienotta e vestita donzella. Dio…che meraviglia.
LE TRE GRAZIE…una delle due copie del Canova che, come puntualmente precisato, è stata ceduta alla povera Scozia da Londra. Grazie tante, troppo buoni. Comunque questa nivea scultura, lo giuro, insieme a Tori Amos quando suona il piano, Penelope Cruz e Kate Winslet, è l’unica cosa che tira fuori la lesbica che è in me.

31 gennaio: EDIMBURGO: QUELLO CHE LE GUIDE NON DICONO

OLD OLD OLD: la città in realtà non è tutta così vecchia come potrebbe sembrare. Gli edifici più recenti sembrano vecchi come i loro antichi vicini perché c’è qualcosa nell’aria che li rende dello stesso colore grigio e un po’ ammuffito. E se a qualcuno viene voglia di dire “che tristezza”…No. La tristezza non abita qui. E se vi capita di sentirvi tristi, entrate in una caffetteria a caso e mangiate una fetta di un dolce a caso. La tristezza uscirà dal vostro corpo in un baleno. E tornerà altrettanto in fretta quando riguarderete il vostro corpo dopo un mese. Ma voi dite come me: “Questa cavolo di lavatrice non funziona! Mi ha di nuovo ristretto i jeans!!” E la tristezza sparirà di nuovo.

ROYAL MILE: dal castello giù giù per un miglio fino alla residenza reale. C’è chi se la fa in bici, come il principe Carlo, c’è chi, come me, se la fa a piedi. Royal Mile è come la vita, cammini sulla via principale ma le vere meraviglie sono ai lati. Sto parlando dei Closes. Quei magici vicoli, un numero impecisato, giuro me li sono fatti tutti. Il mio preferito comunque rimane lui, Advocate’s Close…uscito direttamente dalla penna di JK Rowling, dietro una misteriosa insegna degna di Diagon Alley nasconde la casa più antica della città. E se vi venisse voglia di farvi leggere le carte o la mano o quello che volete c’è una chiesa sconsacrata dove per venti sterline vi diranno esattamente quello che volete sentire. Ma se volete la verità, se osate sfidare i lumini fuori dalle porte antiche dei cartomanti veri, addentratevi in Brodie’s Close. Niente paura e buona fortuna. E se mai vi capiterà di passare di la verso le cinque di mattina, quando tutti ancora dormono e i corvi ancora non sono di malumore, godetevi il suono dei vostri passi sulle pietre e fatevi confortare dalle campane di Saint Giles quando vi risuoneranno intorno….e dentro.

LE SALITE: forza non vi fate abbattere, diventeranno discese molto presto! E poi, andiamo…una settimana di queste strade e il vostro didietro sembrerà l’abbraccio di due Pringles!! [Scrubs stagione 1, ep.1. n.d.r.]

LO SCOZZESE: non è colpa vostra, davvero. Non sono stati anni di studi e soldi buttati al vento. Anche la Regina Madre non capirebbe un’acca. Se siete in difficoltà ci sono due parole a cui potete ricorrere: CHEERS, quando aprono una porta, quando vi danno qualcosa, quando brindate, sempre. E poi, ovviamente, il mio verbo preferito in inglese: GET. Get va sempre bene. Io quando non ricordo una parola ci schiaffo un GET , me la cavo alla grande e sono pure cool. GET è il PUFFARE dell’inglese.
You get it?

GLI SCOZZESI: è vero che quando parlano sembra che ti voglino uccidere…tanto per rendere l’idea nella versione originale dei Simpson, Willy il giardiniere sempre incazzato, è scozzese. Ma tranquilli, abbaiano ma non mordono. Uno, in fila al check in davanti a me m’ha chiesto scusa perché dovevo aspettare. Sono creature buone. L’unica cosa, non vi fate venire in mente di chiamarli britannici o inglesi perché sarebbe come sventolare bandiera inglese a Dublino il giorno di San Patrizio. Comunque le bandiere scozzesi tatuate sulle braccia degli uomini dovrebbero ricordarvi di evitare l’errore…

LA POESIA: per chi ama i cambiamenti, per chi non ha paura delle salite, per chi ama l’antico, per chi ama la magia, per chi ha voglia di una birra, per chi gli piacciono i quadretti, per chi è strano, per chi si vuole guardare dentro, per chi ama il verde, per i drogati di caffè, per quelli golosi, per i malinconici, per gli esploratori, per chi non gliene frega niente di scivolare ogni tanto, per chi ama il gotico, per chi…all’anima della festa preferisce quella in un angolo persa dentro se stessa. Per me di sicuro…

TUTTI GLI UOMINI DELLA MIA MENTE

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12 Febbaraio 2007

Una volta il mio capo mi disse: “Cavolo Dile c’hai tre Herpes su quella bocca!”
E io lo guardai male. Se il suo approccio con le donne è questo, ci credo che è zittello.
Comunque mi fece: “Spero di non essere io che ti stresso al lavoro”
E io colsi la palla al volo per fargli capire che le sue occhiatine trombine le sparava a salve e gli dissi: “Nooo…è solo che sai…già è difficile gestirsi un ragazzo alla volta….figuriamoci tre”
Lui mi guardò storto. Avrà interpretato la mia frase in modo sessualmente ambiguo. Perché effettivamente era più facile intendere questo che la verità. La verità non era io che me la spassavo con tre bei ragazzi nel mio letto, ma che questi tre bei ragazzi se la spassavano con me nella mia mente. Una verità molto più difficile da spiegare.
Non voglio stare qui a sproloquiare su tutti i vari tipi di amore che esistono, perché tutti lo sanno già da soli. Svariati. Passionali e teneroni. Sessuali e intellettuali. E poi…vediamo…Quelli che ti buttano fuori di testa. Quelli che non mangio/non dormo/non capisco nulla/non ci sono per nessuno/sono innamorato lasciatemi stare/ciao. Quelli impossibili. Quelli non corrisposti. Poi c’è l’amore filiale. C’è l’amore per un animale (No Kevin Smith non parlo di quello!). L’amore per la natura. La passione per qualcosa, che so…arte&Co. E chipiùnehapiùnemetta. E poi c’è lei…l’Amicizia (quella con la “A”, non con la “a”). Insomma si sa tutti no? L’amore, come concetto, abbraccia tutta una serie di sottocategorie nelle più svariate forme e intensità che è anche inutile provare a catalogarle. No? Quindi….detto questo….mi pare si possa affermare con sicurezza che…ogni rapporto interpersonale è diverso dall’altro. Così come sono diverse le persone e le forme di amore. Insomma a dirla tutta…si finisce dentro ad un groviglio labirintico di diversità e peculiarità che non se ne esce più. E non è tutto! Bisogna anche considerare le variazioni di intensità! Si…insomma…l’amore è una cosa capricciosamente variabile. Un attimo c’è e quello dopo no. Come quelle luci psichedeliche che fanno venire il mal di testa. A volte se ne va poi ritorna. Si affievolisce piano piano, a volte tutto d’un botto. Poi ci ripensa, ritorna, si rianima. A volte abbiamo meno bisogno di una persona, a volte non ne possiamo fare a meno. Fa così, a caso. E’ schizofrenico. E noi lì. A subirci i suoi sbalzi d’umore. E a volte i ragazzi sono come i cd. Ce n’è già uno nello stereo, ma te lo sei scordato, ce ne metti sopra un altro e quando spingi Play parte quello sotto, che t’eri scordata che c’era, e lì per lì non ci capisci nulla. E ti viene il dubbio…quello nuovo lo vuoi ascoltare ma ti viene a mente che quello che era già lì in effetti non era male.
Quindi…digressione sui cd a parte, io lo so che è una cosa difficile da spiegare e da concepire, ma consapevoli di tutto questo…perché la gente mi guarda come se fossi pazza quando dico “sono innamorata di tre ragazzi”? E quando dico “innamorata” è ovvio….sto parlando di amori di diversa tipologia, intensità e modalità. Ma pur sempre di amore si parla. Con tutti i suoi strascichi, nel bene e, la maggior parte delle volte, nel male.

IL MIO EX RAGAZZO: Ci sono ex ragazzi e ex ragazzi. Di alcuni, anche se siamo stati noi a mollarli, non se ne accetta la mancanza. Ora lo so che si leva il coro di dissenso di tutti quelli che sono stati mollati almeno una volta nella loro vita, ma…si cade vittime della “Sindrome da abbandono” anche se si era i carnefici. Non essere più innamorati di qualcuno, purtroppo, non ti fa smettere di amare una persona. Solo che da Amoreville, la strada verso Amiciziaville non è sempre facile. E’ tortuosa, rancorosa, accidentata, vendicativa, ventosa, sicuramente in salita. Le statistiche ci dicono che la maggior parte delle coppie si perde a mezzavia, e non arriva mai. E la vendittiana melodia Amici-mai-per-chi-si-ama-come-noi riecheggia minacciosa dietro ogni curva. Però l’amore c’è, la speranza e la fiducia si guarda di non perderle e ci si prova comunque. E, anche se molte volte ci si sente soli, su quella strada, si va avanti pensando: “Siamo sempre stati l’eccezione, e sia mai che anche in questo…”

IL MIO MIGLIORE AMICO: Si. Lo so. Lo so. Sally Albright e Joey Potter insegnano. Ma che si deve fare? A sedici anni non pensi che di li a dieci anni si potrebbero scatenare incontrollabili passioni sessuali e amorose. Su…nessuno ci pensa. Conosci una persona e questa persona diventa il tuo &Garfunkel, &Pera, &Cigarettes, &Yoko, &Romina, &Sancho Panza, &Benji, &Shiro, &JD ecc. Insomma…ti accorgi che questa persona è…la metà complementare e…beh…poco importa che sia di sesso opposto. Anzi, più complementare di così? Poi però…gli anni passano, voi crescete, le cose intorno a voi cambiano. E ad un certo punto delle vostre vite, un’inaspettata sera… “Cavolo! Hey! Guarda!! Io sono un uomo e tu sei una donna!” E a quel punto, beh…tanti auguri.

IL MIO AMORE IMPOSSIBILE: Conosci uno e dopo un battito d’occhi sei innamorato. Non c’è una ragione. Anzi, tutto urla l’esatto contrario. Incomunicabilità, litigate, incomprensioni. Ma…la chimica? Troppi film visti? Boh. Fatto sta che sareste pronti a seguirlo in capo al mondo. Partireste solo con i jeans, la maglietta e le convers che avete addosso. Se lui telefonasse nel cuore della notte e vi dicesse “Come here”, il vostro unico problema sarebbe trovare un posto su un aereo che parte di lì a un’ora. Però…lui parte, e voi piangete. Oppure partite voi, e lui non piange. E…titoli di coda. Luce. Uscite dalla sala disperati.

L’AMORE CHE VERRA’: Bisogna crederci. Credo. Cioè…non è che ci credo…però credo che bisogna crederci. Ecco. Io ci voglio credere. Devo.


 

LASCIATE OGNI SPERANZA VOI CHE ENTRATE, MA LE PALLE PORTATEVELE

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25 Marzo 2007

Io guarda, ti giuro, ci sono delle cose che mi fanno espandere dentro. Ci sono pochi momenti in cui capisco perfettamente quella poesia di Ungaretti che quand’ero piccina mi sembrava non volesse dire niente.
Quando vedo la sigla di una casa di produzione prima che inizi il film. Quando penso a Brunelleschi che controlla ogni mattone della cupola di Firenze. Se apro un Harry Potter a caso e leggo. Per le strade di Edimburgo la capisco ad ogni passo. Se guardo i muri della Sistina. In un pub irlandese. Se sento l’odore di un quadro che ha dipinto Frida. Quando ascolto la musica. Quando sento la tastiera del pc che suona i miei pensieri, quella poesia la sento mia. E sai quando anche? Quando sto fra le tue braccia. Quando mi accarezzi i capelli, mi baci e mi guardi con quello sguardo lì, io…ti giuro…che la capisco.
Io ti adoro. Sei in assoluto, senza ombra di dubbio la persona che amo di più nel mondo. Sei un essere buono, intelligente, stimolante, sexy e meraviglioso.
Però non hai le palle.
Nel tuo corpo non c’è traccia di sfere testicolari. Non me ne voglino le donne se uso questa terminologia, io sono dei vostri, ma si dice così, in senso metaforico. E’ come quando si dice “ci lascio le penne”, lo dici anche se non sei un volatile. Comunque, dicevo…La gente deve avere le palle. Non si può stare senza. Cioè si, si può, STARE in realtà si può. Tu non sai come si affrontano le situazioni. Non sai gestire nessun tipo di rapporto che non sia con te stesso. Figuriamoci se riesci a gestire me. Non puoi.
Tu EVITI. Tu eviti tutto quello che può sconvolgere il tuo equilibrio perfetto. Ti do una notizia: l’equilibrio non esiste. Se fai una cazzata tu stai zitto. Perché rivelarla si porterebbe dietro la spiacevole conseguenza di dover affrontare ciò che hai fatto. Ti do un’altra dritta: l’hai fatto TU. Fai di tutto per far rimanere la tua vita uguale, ma ogni tanto vivi perché non ne puoi fare a meno, sei umano anche tu. Ma poi la fai tacitamente tornare al punto di partenza. Beh guarda che le cose cambiano…brutto vizio eh? Non vuoi far del male e non facendo niente fai anche peggio. Io non sono come te. Io le palle ce l’ho. ROTTE. Tu non meriti neanche di andare all’inferno. E’ nell’Antinferno che devi andare. A seguire una bandiera bianca per ciò che resta della tua eternità.
Sono sicura che ti divertirai.  

 

 

 

 

  Ti piace la neve, ma solo s’è calda.
Ti piace la pioggia, ma solo s’è asciutta.
Ti piace il dolore, ma solo se non fa troppo male.
Ti siedi e aspetti di ricevere.
C’è un’ovvia attrazione nella tua vita per la strada più facile.
C’è un’ovvia avversione, la mia costante insistenza
non potrebbe convincerti a provarci stanotte.

C’è un bambino piccolo, apprensivo, nudo e tremante
con la testa tra le mani.
C’è una bambina piccola, sottovalutata e impaziente
con una mano alzata.

Ma è molto più facile non farlo,
e quello che ti passa attorno non ti passa mai per la testa,

Alzati, levati di lì.
Vai via, vai fuori di qui, ne ho già abbastanza.
Svegliati!

(wake up – A. Morissette)

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