Cry baby

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Ciao bimbino,

allora ci siamo quasi, manca un mese, e io sono già in ascolto con le antenne dritte perché mi aspetto che tu arrivi prima della data prevista.

Senti, devo dirti la verità, non so cosa aspettarmi da te. Ho smesso di ascoltare chiunque il giorno dopo aver saputo di essere incinta. Alcune delle frasi tipiche che mi dicono su di te sono le seguenti:

  • Ti cambierà la vita
  • Siccome ci sarà lui non potrai lavarti i capelli e finirà che li taglierai
  • Ah! Sarà Capricorno?
  • Non te ne fregherà nulla di mostrare il seno agli estranei, è una cosa naturale
  • Non potrai fare più nulla, la tua vita sarà lui
  • Non dormirai più
  • Il tuo compagno non esisterà più
  • Partorirai con gran dolore

Capisci bimbino perché ho smesso di ascoltare tutti da subito?

Non è snobismo, è che del tuo segno zodiacale me ne frega quanto della Champions League; sulla questione dell’allattamento in pubblico come cosa naturale, credo che mi verrà naturale quanto far pipì in mezzo a una piazza; il mio compagno esisterà anche più di prima; i miei capelli abbi pazienza ma mi piacciono lunghi così come sono; sulla vita che cambia e il dolore del parto mi verrebbe da dire “grazie al cazzo, ma nessuna delle due cose mi spaventa”.

Per il resto cerco di ricordare quella cosa che dicono sugli aerei, qualcosa tipo “prima di mettere la mascherina per l’ossigeno ai vostri figli, indossate la vostra” perché ritengo sia una cosa saggia da fare. Spero che avere dei genitori felici renderà felice anche te; oppure finirà che dopo la mia morte mi impaglierai su una sedia a dondolo e ucciderai ogni donna che ti capiterà a tiro. Una delle due cose.

Non è che penso di saperne più degli altri in materia di figli, figurati, io di voi altri non ne so un accidenti, anzi… non te la prendere ma i bambini non mi piacciono granché e le cose da bambini ancora meno. Quando sono a contatto con uno di voi mi blocco e mi impaurisco tipo gatto davanti ai fari di una macchina, ho un’avversione istintiva per tutti quei disegnini colorati e fasulli di cui è ricoperta ogni cosa creata per voi e non tollero in nessun modo i diminuitivi e vezzeggiativi con cui di solito vi si parla. Mi dispiace ma ho paura che per te non ci saranno stickers a forma di gufi che non sembrano gufi, tendine con figurine di orsetti azzurri e paroline come ninna, pappa, bombo, bau bau non figureranno nel tuo vocabolario. Spero che questo non ti trasformi in una persona triste, in Sgarbi, o in Umberto Eco.

Come vedi non è che si parta benissimo, le premesse sono un po’ atipiche, mi rendo conto. Sappi che già il tuo concepimento è stato un balzo della fede, che nemmeno quello di Indiana Jones per raggiungere il Santo Graal. Sono talmente pessimista che non ti aspettavo, davvero. Ho fatto tre test di gravidanza, perché non poteva essere vero. Ho guardato per tre mesi nel wc dopo aver fatto pipì, perché ero sicura che ti avrei perso. Ho fatto l’amniocentesi, perché sicuramente avevi qualcosa che non andava. Poi ti ho sentito e allora ok. C’eri, stavi bene e rimanevi. Finalmente l’attesa era diventata dolce come tutti dicono.

A questo punto mi conosci già piuttosto bene. Sai cosa mi piace mangiare e bere, cosa ascolto, cosa guardo, cosa mi fa incazzare, cosa mi fa ridere o emozionare. Io invece so solo due cose di te: che ti piace puntellare i piedi e fare la gobba, e che se ti svegli mentre sono sul fianco sinistro ti incazzi come una biscia. Vedi, sei in vantaggio.

I bambini ti legano, non è il momento giusto, non li voglio, mi piace viaggiare, partorire fa male, non si dorme più, stiamo bene così. Sì, al diavolo tutto. DEVO riprodurmi, DEVO farlo con lui e DEVO farlo ora. L’istinto che abbatte ogni sacra sovrastruttura mentale. Guarda, tu ancora non lo sai ma l’uomo non è tanto che è comparso sulla Terra e la nostra società si è sviluppata così velocemente da essere quasi incomprensibile. Questo significa che l’essere umano è ancora “biologicamente programmato” come ai suoi albori, il nostro dna orienta molto spesso le nostre sensazioni e i nostri istinti come se fossimo persone primitive e legate solo alla natura, all’evoluzione e alla conservazione della nostra specie. Se così non fosse, tu non ci saresti; invece ci sei perché quell’istinto ancestrale mi ha obbligato a mescolare i miei geni con l’uomo che io ritengo il migliore sulla faccia della Terra e a fare te. Capisci bene bimbino che… tu lì dentro alla mia pancia, in pratica, pensi di essere nel Pleistocene. Penserai di nascere tra le praterie e i predatori, fra animali che ormai sono estinti da millenni, fra desiderio di cibo e protezione. Invece nascerai in un ospedale, sarai catapultato in un mondo che è lontano anni luce da quello che il tuo istinto ti dice. Ti aspetterai spazi sconfinati, silenzio, animali ostili e la via lattea visibile ogni notte nel cielo e invece troverai i computer, la fibra ottica, netflix, il pil, l’inps, i reality show, i treni ad alta velocità, le mine antiuomo e Valerio Scanu sul panettone. Non sei preparato ancora, ma ti abituerai presto. Però vai a fartelo capire che se ti mollo un secondo in una stanza, non arriverà una tigre dai denti a sciabola a mangiarti, ma solo Polly a darti una leccata. E come potrei pretendere di farti dormire da solo in una stanza senza che tu pensi “Ok, è stato breve ma intenso. Adesso è giunta la mia ora”. Ti lancerai in entrambi i casi in pianti disperati e una parte di me adorerà questo tuo essere così primordiale e asseconderà il più possibile quello che senti, non mi opporrò alle naturali paure che un tempo ti avrebbero salvato la vita e ti farò dormire al mio fianco. Però una parte di me vorrà ucciderti, non te la prendere, niente di personale, e non aver paura il mio istinto ti salverà, o lo farà tuo padre.

Insomma ti volevo avvertire che qui non siamo preparati ecco. Io e il tuo babbo ne abbiamo parlato tanto e ancora non sappiamo nemmeno se sia giusto farti credere a Babbo Natale, pensa te come siamo messi. Ti avverto da ora, così lo sai: crescerai in una famiglia senza Dio, senza estrema pulizia, con due cani che non ti saranno tenuti lontano, giocherai con quel che troverai e che t’inventerai sul momento, mangerai quel che mangiamo noi, avrai poche cose, godrai della natura come un piccolo ominide, la tua curiosità sarà la nostra priorità, ti saranno raccontate tante storie, ci saranno le galassie, gli animali, e l’arte, il mondo e la diversità, non dormirai mai in un letto con le sbarre e la tua autonomia sarà la nostra missione. Nella tua camera ti aspetta la foto di un lupo grigio dello Yosemite e nessun bambi a pois. E speriamo che tu venga sano di mente insomma.

Io sono qui che ti aspetto, che non vedo l’ora di annusarti e ci sono tante zie che già ti adorano e ognuna di loro ti insegnerà una cosa diversa, e ci sono Leòn e Polly, i tuoi nonni e poi c’è lui…. c’è il tuo babbo, che lasciatelo dire, non è perché sono di parte, ma è la persona più bella che c’è e visto che hai almeno metà dei miei geni, è sicuro che lo amerai tantissimo.

Di secondo nome farai Jack, come Jack London, perché io e il tuo babbo ti auguriamo di essere un vagabondo senza paura e che la tua vita non sia solo un’avventura, ma mille avventure diverse.

Ci si vede presto, e fai piano che ci tengo a quella zona lì.

Dile

 

gray-wolf-closeup

 

Un biglietto per la Kirghisia, solo andata.

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Cari miei della generazione perduta, ormai un sacco di gente (per lo più trentenne) è emigrata dall’Italia in cerca di nuove prospettive, che qui insomma si sa… sono quello che sono, cioè pressoché nulle.

E se anche a voi è scaduto l’ultimo contratto a termine, e se a fare il procacciatore d’affari proprio non vi ci vedete, e se di questo governo proprio non vi fidate (governo? Cioè… come.. in che senso?), e se siete in paranoia da 730 (meno mesi si lavora > più lavori si cambiano > più CUD ci sono > più tasse si pagano…. AIUTO!)… magari vi siete rotti e ve ne volete andare… si, ma andare dove? 

In GB piove, in America anche i bimbi di 5 anni ti sparano, in Australia ti mangiano gli squali… tranquilli, sappiate che sull’Himalaya esiste questo posto, che io ho scoperto solo qualche giorno fa,  un paese che personalmente non avevo mai trovato nemmeno nelle parole crociate: il Buthan.

Nel Buthan hanno questa cosa qui che si chiama FIL (Felicità Interna Lorda), che sarebbe una specie di PIL ma che non c’entra niente con i soldi. In pratica, lo sviluppo del paese dovrebbe essere finalizzato allo sviluppo non economico, ma del benessere spirituale e della felicità. Nella valutazione del FIL si considerano la qualità dell’aria, la salute dei cittadini, l’istruzione e la ricchezza dei rapporti sociali dei cittadini buthanesi, che a quanto ho letto vivono si in uno dei paesi più poveri del mondo, ma sono contenti come se fosse Natale tutti i giorni.

Questa cosa, che piace tanto nientepopodimenoche al Dalai Lama in persona, a noi occidentali tutti ipad e governi ladri magari ci pare clamorosamente assurda, ma mi ha fatto ricordare di un libro che ho letto un po’ di anni fa e che stai un po’ a vedere è stato ispirato proprio da questi compagnoni feliciani del Buthan: Lettere dalla Kirghisia.

 

Dalle lettere di Silvano Agosti scopriamo sconcertati che in Kirghisia:

  • Si lavora 3 ore (ma stanno cercando di ridurle a 2), così la maggior parte delle ore del giorno viene dedicata al sonno, al cibo, alla creatività, alla vita, a se stessi. In questo modo le persone non hanno solo il necessario, ma anche IL TEMPO per vivere. 
  • Il concetto di “ferie” è insensato perché tutto è organizzato per festeggiare la vita ogni giorno. Perché non è possibile vivere solo il sabato, la domenica e una settimana all’anno.
  •  La politica è volontaria. Perché un deputato dal “volto ingessato dai privilegi” con “uno stipendio di 20000€ al mese non può in alcun modo essere convincente, in ciò che dice, pensa o fa”.
  •  I bambini e i giovani non studiano, IMPARANO. Infatti lo studio obbligatorio svanisce con il tempo, ciò che si “impara” invece  è il vero sapere, ed è permanente. E lo fanno nei parchi, non chiusi in una scuola.
  •  I film sono proiettati in 10 diverse lingue, così i ragazzi ne parlano almeno 4 perché, come la loro lingua madre, nessuno gliele ha insegnate.
  • Chi vuol fare l’amore si appunta un fiore azzurro sul petto (così hanno sconfitto la prostituzione).
  • Anziché seppellire morti da arma da fuoco hanno seppellito le armi da fuoco.
  • Niente più esercito, burocrati, pubblicitari.
  • A 18 anni ti viene regalata una casa.
  • Tutti hanno un pasto gratis al giorno.
  • Si fanno ricerche sulle staminali.
  • Si pratica il car sharing.
  • L’essere umano deve saper: dormire, mangiare, lavorare, imparare, dare, creare, amare e fare l’amore, vedere quel velo di mistero che copre ogni cosa.

 Fermi lì, mollate le valigie legate con lo spago e rimettete via i passaporti: la Kirghisia non esiste, forse vi siete confusi con il  Kirghizistan  (kirg.  Кыргызстан) che è: uno Stato indipendente dell’Asia centrale. Confina con  Cina,  Kazakistan,  Tagikistan  e  Uzbekistan;  non ha sbocco al mare.*

Non esiste no, magari esistesse, e questo libro forse alla fine dei conti è molto molto naïf (e per i miei gusti anche troppo zen), però ha un grande pregio che forse deriva proprio da questa sua infantilità: ci fa riflettere sulla nostra vita, quella sociale e quella personale.

Ormai ci hanno economicamente  e lavorativamente stuprato in così tanti subdoli modi diversi e per così tanto tempo che ci sembra la normalità. Ciò he ne consegue è che abbiamo una visione distorta delle nostre vite e del modo in cui sentirle e viverle. Il caro Silvano qui ci mette in guardia sul lavoro coatto, sulla mediocrità culturale, sui sentimenti obbligatori anche della coppia, per cui gli uomini e le donne dovrebbero prima di prendere qualunque decisione raggiungere il livello di PERSONE, autonome economicamente, psicologicamente ed affettivamente così da donarsi la loro libertà e non la loro dipendenza (cito non alla lettera).

Io sono una di quelle sfiduciate croniche nei confronti della società, che sono convinta non potrà far altro che peggiorare, però leggere un librino così serve per ricordare (a me e a quelli pallosi come me) che magari la Kirghisia non può esistere a livello di società ma chi se ne frega! Chi ha detto che non può esistere almeno un po’ nelle nostre singole case e famiglie? 

E dopo questo slancio positivo, chiudo il libro, lo rimetto sullo scaffale e torno in me, fino alla prossima volta.

*Wikicit.

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Oh my Gaudì!

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Eccomi di ritorno da Barcellona con solo due grandi ricordi stampati davanti agli occhi: il quartiere gotico (si, l’ho letto L’Ombra del Vento, ma comunque camminare fra i suoi vicoli è stato sorprendente) e le opere di Gaudí. 

Ciò che la Natura crea o produce è il motivo per cui l’essere umano ha “sentito” che esisteva una qualche divinità. Ovviamente non esiste nessuna divinità, ma capisco perché ci abbiano pensato. Avete presente quella sensazione no? Quella cosa che ti cresce nel petto e si dirama luminosa fino alle estremità del tuo corpo invadendoti letteralmente anima e corpo e colorandoti di diversi colori. Quella cosa che si trasforma in vera e propria sensazione fisica. In quel momento sei un piccolo essere umano trepidante ed espanso che “sente” l’infinito, che è entrato nel circolo dell’esistenza universale. Non c’è nessun problema, solo te e la bellezza del mondo intero che ti passa attraverso. E godi! Dio santo se godi!

Ecco, questa secondo me è la sensazione che  si ha in presenza della Natura e delle grandi Opere d’Arte. Figuriamoci allora se parliamo di Gaudí. Si, perché questo genio ha preso entrambe le cose, la Natura e l’Arte, e le ha fuse insieme. Il risultato è stato una roba da levare il fiato, da rendere superfluo ogni commento, che non sia “oooooh” con la bocca spalancata.

Certo che avevo sentito parlare di Gaudí. Ovvio che prima di partire mi ero comprata l’iperdettagliata Lonely Planet e avevo visto le foto delle sue opere su Google. Ma il discorso è sempre quello: puoi fare tutto questo ma non sarai mai preparato a come reagirà il tuo corpo di fronte alle cose. Pensate a una foto dei grattacieli di New York, roba già vista, ma solo salendo sull’Empire State Building ci si può sentire Spiderman. Oppure puoi vedere tutti i documentari di Sky sulla Cappella Sistina, ma lo stesso, alzando gli occhi a quel soffitto rischi lo stesso la sincope-da-arte. Ecco, con Gaudí è stato più o meno così. Avevo visto le foto ed avevo pensato: “Ma che bello! Guarda ganzo lui! Le ceramichine colorate e il Liberty!”.  Poi però alle sue opere mi ci sono trovata davanti, ci sono “entrata dentro”, ed è avvenuta la magia.

Cosa ci può essere di più armonico e perfetto della Natura? Si sa, niente. E infatti da che mondo e mondo gli artisti l’hanno imitata, riprodotta, trasformata in numeri e proporzioni. L’hanno immortalata ognuno a modo suo e ci si sono ispirati per fare ritratti, paesaggi, chiese, di tutto.

Ma Gaudí è andato oltre. Quest’uomo è riuscito a creare capolavori architettonici che fondono in un insieme perfetto forme della Natura, Arte, Architettura, Artigianato, Sogno e Fantasia.

 La Casa Batlló era semplicemente la vecchia casa del Signor Batlló e famiglia, non è un’opera d’arte in senso stretto, e questa cosa mi fa impazzire: lui gli ha chiesto di “rimettere a nuovo il modesto edificio” e il risultato è Patrimonio dell’Umanità. Sembra una grande creatura vivente, che si sta innalzando lì davanti a te e sta cambiando mentre la guardi. Sta lì, con le sue grandi ossa scheletriche della facciata e i suoi vetri colorati, e si muove, ondeggia: incredibile. Sono andata a visitarla dentro, perché non potevo non andarci. Ed è stato come entrare dentro ad un mondo irreale, giuro. Tutto si muove intorno a te, addirittura i corrimano delle scale e le maniglie delle porte si plasmano sotto la tua mano (non scherzo, è così che le ha fatte! Plasmate nell’argilla). Cominci a salire una strana scala di legno, e dico strana perché lì per lì non capisci cosa ci sia di strano. Poi la guardi bene e ti accorgi che sembra proprio una spina dorsale, di una creatura enorme. E ti avventuri coraggioso al piano di sopra. Nel salotto le porte, le finestre, i pavimenti e le colonne si allargano quando passi, sembrano morbidi confini di un tuo sogno personale. Quindi, in realtà, non sei lì che ascolti la tua audioguida: sei dentro alla tua fantasia, a letto che dormi. E il mondo fuori è uno scherzo. Alzi lo sguardo e ti accorgi che sei in mezzo ad un vortice: il soffitto sta girando sopra di te. Meglio uscire di qui. E mentre continui ovattato nella tua mente ti ritrovi all’improvviso in fondo al mare. In realtà stai passando intorno allo stretto cortile interno che va dritto verso l’alto, ma il genio ha messo dei vetri ondulati fra te e le mattonelle blu cobalto sempre più scure mano a mano che salgono, quindi si, sei in mare. Ad un certo punto eccoti in quella che era la sala da pranzo. Mi sono avventurata attraverso le ondulate porte finestre, sul coloratissimo patio e… mentre cammino lì fuori mi accorgo che… anche pavimento è ondulato. Ondeggia sotto i miei instabili piedi. Continuando a salire, il mondo di colori e forme svanisce e ti trovi improvvisamente in un silenzioso, bianco, strettissimo… costato. Si, perché è quello che è: una specie di cassa toracica. Il vento e la luce passano attraverso il costato: la casa respira. Cammini in stretti corridoi bianchi sormontati da stretti archi, che sembrano assolutamente costole. Le attraversi e fuoriesci da una stretta porta che si apre sul tetto e lì ti rendi conto di chi era la grossa gabbia toracica che hai appena attraversato: di un drago. Davanti a te c’è il tetto, o per meglio dire un grande dorso a scaglie. Eccoti lì, che domini i tetti di  Barcellona a cavallo del tuo Ungaro Spinato! I 18,00 euro meglio spesi della vacanza Signore e Signori. Hai appena fatto un giro nel Luna Park della tua mente. 

Altra attrazione (fortunatamente) gratuita creata dal Genio è lo strafamoso Parco Güell. Sono arrivata un po’ scoglionata a dire la verità, perché abbiamo percorso in toto quella che credo sia la strada più brutta della città, perché non trovavamo le indicazioni. Dopo 10 anni di viaggi in Gran Bretagna, dove ci sono cartelli che ti ricordano anche di respirare, ho notato che tendo a perdermi in qualsiasi altro posto. Ma il problema deve essere mio perché le orde di turisti al Parco ci sono arrivate tranquille, mentre io mi sono bruciata un po’ l’effetto sorpresa perché, oltretutto, sono entrata dall’uscita. Il tutto mi è parso sinceramente nulla di che, fino a quando non mi sono trovata improvvisamente intrappolata nell’enorme scheletro pietrificato di una creatura giurassica. Ero stata nuovamente catapultata nel fantasioso mondo Gaudiano. Fra una Salamandra gigante, colonne di pietra arrotolate su loro stesse, un Tempio Greco e una massa di gente che sfortunatamente ti ricorda che non sei nel paese delle Meraviglie, ma nel paese del turismo di massa. 

Il giorno dopo, quando arrancando sono arrivata in cima al promontorio del Montjuic, la Sagrada Familia svettava su tutta la città, in lontananza. E mi sono ricordata di aver letto che Gaudí era un uomo profondamente religioso, che si ispirava alla Natura certo, ma che credeva che niente potesse superare la creazione divina. Per questo le guglie della Sagrada Familia, con i loro 175 metri, sono di pochi metri più basse del Montjuic. L’uscita della fermata della Metropolitana, che si chiama appunto “Sagrada Familia”, è messa in modo che, salendo le scale per uscirne, non ti rendi conto subito di dove ti trovi. Quindi ti volti, da turista perso, per vedere dove devi dirigerti te la trovi davanti. Alzi gli occhi al cielo piano piano ed eccola lì. Incombe davanti a te, immensa. Mi sono fermata un po’ lì a vedere le facce che facevano i turisti non appena, ancora ignari, si voltavano e la vedevano. E vi giuro che, su quelle facce lì, ci dovrebbero fare un documentario. Facce che esprimono, non ci vuole Tim Roth per dirlo, meraviglia e stupore. Non ho mai visto niente di paragonabile a quella chiesa, niente che lontanamente le assomigli. Sembra un enorme termitaio appena uscito dal terreno, ancora con la terra appiccicata sopra. E la sensazione è che ti si stia come sgretolando davanti agli occhi. In una delle facciate, la pietra si “scioglie” creando figure, decorazioni e uccelli che nati direttamente da essa tentano di volare via. Ti aspetti che da un momento all’altro le enormi guglie cominceranno a sciogliersi come candele. Mentre di fronte alla facciata opposta, è opposta anche la sensazione: qui le guglie sembrano essere trattenute a terra da … mi verrebbe da chiamarli enormi “tendini” di pietra. Mi avevano sconsigliato di entrare perché “più bella da fuori che dentro”. Non mi ricordo chi furono questi stolti, ma non mi sono fidata, e ho fatto bene. Anzi ho fatto il biglietto che comprendeva anche l’ingresso alle torri. Ho attraversato una “foresta” vera e propria di colonne che si allargano sul lontanissimo soffitto in volte che ricordano enormi fiori e foglie, totalmente persa a fissare quei giochi di luce creati da questo tutto e mi sono diretta alle ascensori. Salire su quelle guglie è stata una delle cose più spaventose che ho fatto. Io non soffro di vertigini né niente, ma il fatto è che sono bucherellate. E quando sei su uno di quei mini-terrazzini ti sembra di volare di sotto tipo Assassin’s Creed dai tetti di Firenze. Sei totalmente in balia di qualcosa che sta per sciogliersi sotto ai tuoi piedi.

Il grandissimo Gaudí, che ha dedicato 40 anni a progettare questa chiesa e gli ultimi 15 ha vissuto nel cantiere, è sepolto nella cripta della chiesa. E’ stato investito da un tram lì a Barcellona. Anzi, dal primo tram che girava in città. Durante la dittatura franchista e la guerra civile spagnola il suo atelier nel cantiere della chiesa è stato distrutto e con lui quasi tutti i suoi progetti. Quindi i lavori si concentrano e si inspirano a quello che ne è rimasto. Magari non sarà proprio come lui l’aveva concepita in tutte le sue parti, ma di sicuro gli rende omaggio. Perché anche qui, come nelle sue altre opere hai la sensazione fluttuante e potentissima di essere di fronte a qualcosa che arriva verso di te, ma che parte anche da te. Un travolgente tutto, di cui fai parte anche tu. E per certi versi in questo caso specifico è così, visto che con il biglietto d’ingresso finanzi la sua costruzione.

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I crucci del lettore

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Il lettore ha tre crucci nella vita.

Il primo riguarda il “non aver tempo per leggere”. Ci sono quei periodi in cui si è più impegnati o più stanchi per cui anche il solo gesto di prendere un libro in mano ti sfianca. Leggere poi ti provoca attacchi di narcolessia improvvisa. Allora, per rispetto (e per non buttare via una buona lettura), uno chiude e mette via. Così può smettere di chiedersi “ma perché Raskolnikov si sta facendo ‘ste seghe mentali? Che ha fatto? Mi sa che dormivo…” In quei periodi consiglio di lasciar perdere e ronfare davanti alla tv senza rimpianti.

 

 Il secondo cruccio è fastidiosissimo e ti viene quando da mesi non riesci a trovare un libro che ti piaccia veramente. Passi da un libro ad un altro compulsivamente ed il tuo giudizio non va mai oltre il “era ok”. Per spezzare questa catena maligna consiglio di rileggere uno dei vostri libri preferiti. La vostra aura si spanderà e troverete il libro per voi, perché solo allora sarete pronti per un amore nuovo.

 

 Il terzo cruccio è di gran lunga il peggiore: trovare il libro stallo. Ci sono dei libri che ti stanno sulle palle eppure li hai finiti lo stesso. Li hai richiusi felice e se proprio vuoi bandirli dalla tua bella libreria puoi sempre usarli come nascondiglio per i soldi (a quale ladro scellerato verrebbe mai in mente di aprire La solitudine dei numeri primi? I vostri soldi sono al sicuro) o come ferma porte (I pilastri della terra per quello è ottimo). Senza rancore. Altri libri non ce l’hai fatta a finirli e niente, stanno lì a fare volume. Te ne dimentichi. Non li hai finiti ma chi se ne frega? Erano brutti o estremamente noiosi. Ci sono però anche i libri stallo. Il libro stallo è generalmente una lettura straconsigliata perché ritenuta figa da chi di solito se ne intende, in ambienti e siti letterari o anche solo un libro che ti ha per qualche motivo sempre ispirato. Solo che cominci a leggere e… ops… ecco lo stallo. Il libro in questione non ti prende. Non è che non ti piace, magari è anche bello, solo che… manca quel qualcosa che ti spinge a sederti a passare del tempo con lui. E parte il deludente balletto autoinflitto: leggi due pagine alla volta e poi sospirando nostalgico di tempi che furono lo richiudi. Sono quei libri che se ti cade il segnalibro sei finito perché rileggendo intere pagine proprio non sai se le hai già lette o meno ( e come imbrogliando in un solitario ti convinci di si e salti oltre). Segnaccio. Sono quei libri che mentre li stai leggendo, dopo un’ora ti accorgi che è un’ora che stai pensando ai fatti tuoi. E ciò significa che il malloppo di carta sta venendo meno ad una delle sue principali funzioni… portarti via dai fatti tuoi. E qui il dramma. Che fare? Nell’amante del libro a questo punto si scatena una guerra di coscienza senza precedenti. Se lo chiudi e lo riponi sullo scaffale, ogni volta che ci passerai davanti ti ricorderai che non l’hai finito, e chissà poi cosa succedeva, e tu non lo saprai mai. Non si può fare. Se continui a leggerlo non sei in pace con te stesso perché la letteratura è così vasta che nella nostra vita non potremo leggere tutto quello che è stato scritto. E tu stai perdendo tempo leggendo un libro che non ti appassiona? Ma sei matto? Non lo so, sembra di mancare di rispetto ad uno scrittore che invece se lo merita perché il libro è scritto bene e l’idea è buona. Stai commettendo un peccato nei confronti del Dio dei libri se non lo finisci. Il mio attuale libro di stallo è Domani nella battaglia pensa a me. Me l’hanno consigliato in tanti. Gente che stimo. E mi piace, davvero. E’ scritto molto bene ed è molto originale. E se ne sta accanto a me molto spesso. Sta sul mio comodino, sul divano, sul mio tavolo, e viene con me in macchina. Me lo porto dappertutto: da una stanza all’altra, anche in bagno, e se esco me lo infilo nella borsa. Però resta sempre chiuso. E’ a metà e non me la sento di lasciarlo e iniziarne un altro, perché non se lo merita! Quindi sono bloccata con questo benedetto… com’è che c’è scritto in copertina? “Il libro più bello composto da uno scrittore contemporaneo”. E se Pietro Citati dice così io come faccio a non leggerlo? Pietro io dopo due righe mi metto a pensare ad altro quasi istantaneamente. Non mi ricordo nemmeno come si chiama il protagonista*. Giuro che ho letto libri veramente brutti in vita mia dall’inizio alla fine! Pietro che devo fare? La crisi si fa ancora peggiore se il libro in questione è un classico. Non si abbandona un classico. Mai. Quello è il peggiore degli sgarri. Ma chi ti credi di essere tu lettore da quattro soldi che abbandoni un classico? Dovrebbero vietarti l’ingresso nelle librerie. A vita!

 

A volte noi che amiamo i libri siamo troppo duri con noi stessi, mi rendo conto. La scusa che il più delle volte mi racconto è: “questo non è il momento per questo libro, ma il momento verrà”. E così finisce che non ho più segnalibri perché sono sparsi in libri che aspettano pazienti e impilati di essere finiti. Per esempio il mio segnalibro preferito sta a pagina 720 di Anna Karenina dal 2009 e mi ricorda che quelle luuuunghissime 167 pagine potrebbero salvarmi dal sentirmi un lettore fallito…. forse potrei… però… aspetta…. ma poi che ne è stato di Tyrion Lannister?

 

*Victor si chiama. Sono andata a vedere su Wikipedia.

 

 Post scriptum:  Mi segnalano or ora sull’argomento “cruccio da stallo classico” che l’interminabile capitolo diciassette di Moby Dick sulla “Bianchezza della balena” che trattava del… colore bianco, è stato il principale motivo di abbandono del suddetto volume. Il segnalatore mi conferma di essersi sentito al momento una merda decerebrata, ma successivamente sollevato riguardando la lista dei capitoli successivi, di cui mi cita ad esempio:
LV  Delle figurazioni mostruose delle balene.
LVI  Delle figurazioni meno erronee delle balene e delle vere pitture di scene di caccia.
LVII  Delle balene in pitture, in denti, in legno, in fogli di ferro, in pietra, in montagne e in stelle.
LLXXIII  Stubb e Flask uccidono una balena franca e poi ci discutono sopra.
LXXIV  La testa del Capodoglio: schizzo comparativo.
LXXV   La testa della balena Franca: schizzo comparativo.
CIII  Misure dello scheletro della balena.
Considerando che i capitoli sono in tutto centotrentacinque, in tutta coscienza non me la sento di dargli torto, poveraccio.Immagine

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